Poche voci hanno saputo raccontare lo sport italiano degli ultimi 30 anni con garbo e ironia come ha fatto e continua a fare Alessandro Bonan. Profondo conoscitore di calcio e appassionato intenditore di tennis, Bonan ha attraversato da protagonista tutta la storia della pay tv italiana, dagli esordi di Tele+ al principio degli anni ‘90, fino a diventare oggi uno dei volti più noti e conosciuti di Sky Sport. Lo abbiamo incontrato per una chiacchierata sullo stato dell’arte dello sport.
Come hai visto cambiare il giornalismo sportivo italiano in questi anni? L’avvento di internet e dei social ha inciso sulla comunicazione dello sport?
Lo ha cambiato in modo significativo. Prima c’era più cura per il lessico e per la scrittura; oggi un po’ meno. Non dico che sia un giornalismo peggiore, è semplicemente più veloce, perché più veloce è la società in cui viviamo e la fruizione delle notizie. Nell’era digitale siamo bombardati continuamente, e questo incide anche sul modo di raccontare lo sport.
Ma iniziamo a parlare di calcio e in particolare di Serie A, che dopo 13 giornate vede al vertice tante squadre racchiuse in una manciata di punti: un’anomalia per il nostro campionato. Come interpreti questa situazione?
Secondo me dipende da due fattori. Il primo è che ci sono squadre di medio-bassa classifica che, in determinate partite, riescono a mettere in difficoltà le big. Questo inevitabilmente accorcia la classifica, perché anche le grandi, se rischiano ad ogni giornata di campionato contro qualsiasi squadra, finiscono per perdere punti qua e là.
Il secondo fattore riguarda il regolamento attuale, che anche con la complicità del VAR rende le partite molto più condizionate dagli episodi. Falli di mano millimetrici, contatti dubbi in area, interventi che non si capisce bene quando siano davvero fallosi. Tutto questo rende il risultato sempre un po’ sospeso.
Per esempio, Inter-Udinese: i nerazzurri hanno perso una partita in casa per un rigore del tutto casuale concesso ai friulani. Ma che per il regolamento di oggi può essere concesso. Se perdi punti in questo modo, si accorcia la tua classifica e, di conseguenza, anche quella degli altri. E ci si ritrova tutti in pochi punti.
Tra l’altro, quest’anno le critiche al VAR sembrano mettere d’accordo un po’ tutti.
Esatto. Penso al rigore assegnato al Torino contro il Como, che definire “comico” è poco. E immagina se un episodio del genere capitasse in una partita ad altissima attenzione mediatica, cambiandone il risultato: scoppierebbe un putiferio.
Qui parliamo di un giocatore che prova a rinviare il pallone, lo manca e il pallone gli rimbalza sul braccio, che non può certo far sparire. L’arbitro fischia rigore, e il VAR lo richiama pure: “riguardalo meglio”. Lui conferma. È una situazione paradossale. Le indicazioni agli arbitri sono di mantenere il punto: ma nel caso in cui abbiano ragione, non quando hanno torto!
Passiamo alla Champions League. Come giudichi le italiane? Qual è la squadra più attrezzata per andare avanti?
Continuo a pensare che l’Inter sia la più attrezzata. Ha una rosa profonda e un telaio di gioco superiore alle altre. Deve però evitare alcuni errori ricorrenti: in attacco sbaglia troppo, e in difesa concede leggerezze che a certi livelli paghi.
Il gol subito su calcio d’angolo dall’Atletico Madrid negli ultimi minuti è emblematico: se sai che lì c’è un grande saltatore come Giménez, e difendi a zona lasciandogli il terzo tempo, gli regali un vantaggio enorme. Marcandolo a uomo sarebbe stato diverso.
L’Inter dovrebbe cambiare qualcosa nell’assetto o magari nell’organico?
La rosa è più forte rispetto a quella della scorsa stagione, perché la panchina è più lunga. Ma c’è un difetto strutturale che forse la società dovrebbe correggere a gennaio: manca un giocatore che sappia saltare l’uomo e creare qualcosa dal nulla. Un dribblatore puro, che in estate era stato individuato in Lookman.
L’Inter è bravissima a costruire con la sua rete di passaggi, ma quando trova difese schierate fatica. E questo limite ce l’ha da anni. Se volessimo cercare la perfezione, mancherebbe anche un mediano vero: l’Inter ha molti giocatori che attaccano la metà campo avversaria, e così prende contropiedi evitabili, come è successo ad esempio nel derby.
Anche in estate si era valutato di prendere un giocatore di quel tipo. Era stato preso in considerazione Koné, ma alla fine a centrocampo è arrivato Diouf, che è stato però un acquisto sbagliato, visto che non è quasi mai sceso in campo.
Ora una domanda su un argomento delicato: la Nazionale. Quali sono le tue sensazioni in vista degli spareggi di marzo? Come la vedi con l’Irlanda del Nord e, eventualmente, con il Galles o la Bosnia?
Credo che l’Italia sia superiore a tutte e tre le possibili avversarie. Deve affrontare le gare con coraggio: deve avere rispetto per tutti, ma paura di nessuno. Soprattutto non deve avere paura di sé stessa. Contro la Norvegia, per esempio, appena loro hanno accelerato e segnato, siamo andati in confusione.
Dove può intervenire Gattuso nei prossimi mesi?
Gattuso può cambiare qualcosa, ma la priorità è recuperare Chiesa. La Nazionale non ha un giocatore con il suo dribbling e la sua capacità di strappo palla al piede.
Capisco (anche se non giustifico) che non abbia risposto alla convocazione per partite ormai poco significative, ma a marzo Gattuso deve assolutamente convocarlo. Non stiamo parlando di un fenomeno assoluto, ma di un ottimo giocatore, fondamentale per le sue caratteristiche che nessun altro giocatore italiano ha.
Concludiamo parlando un po’ di tennis, sport che ultimamente ha raggiunto una grande popolarità in Italia. Guardando al 2026, prevedi ancora un duopolio Sinner–Alcaraz o pensi che possa inserirsi qualche nuovo nome?
Penso che nel 2026 vedremo ancora loro due davanti a dominare, ma più avanti non mi spingo. Nel tennis può succedere di tutto: un ragazzo come João Fonseca, ad esempio, potrebbe maturare velocemente e inserirsi nella corsa.
Mi auguro anche che Musetti continui a crescere. Sta progettando di ampliare il suo team con l’inserimento di nuove figure tecniche. Questo potrebbe aiutarlo a migliorare nei suoi punti deboli, come il servizio e la gestione dei momenti chiave.
Musetti ha talmente tanti colpi che a volte si confonde, ma sta migliorando molto rispetto a qualche tempo fa. E un giocatore con la sua varietà può mettere in crisi un tennis basato solo sulla potenza da fondo campo.
Quando avrà limato certe fragilità, potrà dare fastidio anche a Sinner e ad Alcaraz. Anche quest’ultimo, pur essendo un fenomeno assoluto, ogni tanto va in confusione proprio perché ha un arsenale tecnico vastissimo.